BUSINESS SCHOOL DICEMBRE

La psicologia nascosta della selezione e il Piano di Espansione 2026: cosa ci ha lasciato la Business School Italia di dicembre

Ci sono eventi che non servono ad aggiungere informazioni, ma a rimettere ordine.
La Business School Italia di dicembre è stata questo: due giornate intense in cui selezione, pianificazione e ruolo dell’imprenditore sono stati osservati senza filtri e senza idealizzazioni. Non teoria astratta, ma riflessioni che parlano direttamente alla quotidianità di chi guida un’azienda.

Il filo conduttore è stato chiaro: crescere non significa solo aumentare i numeri, ma ridurre gli errori invisibili, prendere decisioni più consapevoli e tornare a governare l’azienda invece di subirla. Gli interventi che seguono raccontano questo percorso, ognuno da un’angolazione diversa ma profondamente connessa.


La psicologia nascosta della selezione: come decidiamo davvero chi assumere

Aprire la Business School parlando di selezione non significa parlare di curriculum o di checklist di competenze. Significa parlare di cervello. Salvatore Angelico ha portato subito l’attenzione su un punto spesso ignorato: quando pensiamo di valutare in modo razionale, in realtà abbiamo già deciso molto prima.

La prima impressione si forma in pochi secondi e nasce da processi automatici, inconsci ed emotivi. Il cervello funziona così perché deve risparmiare energia: usa scorciatoie, associazioni rapide, esperienze passate. È il Sistema 1, veloce e intuitivo, che prende il controllo durante un colloquio. Il Sistema 2, quello logico e analitico, entra dopo, spesso solo per giustificare una sensazione già formata.

Qui entrano in gioco i bias cognitivi. Halo effect, similarity bias, confirmation bias, status bias non sono difetti personali, ma automatismi biologici. Il problema nasce quando non ne siamo consapevoli. Nel recruiting questi meccanismi influenzano in modo diretto le scelte, i team e i risultati futuri. La chiave non è eliminarli, ma progettare il processo: domande comportamentali, prove pratiche, simulazioni e strumenti attitudinali. La sensazione è un’informazione iniziale, non la decisione finale.


Il Piano di Espansione 2026: strategia, non previsione

Quando si parla di crescita, uno dei rischi più grandi è confondere una speranza con una strategia. Alessandro Vella ha chiarito un concetto fondamentale: il Piano di Espansione non è una previsione, è una scelta. Non descrive ciò che potrebbe accadere, ma ciò che si decide di far accadere.

Un Piano di Espansione reale risponde sempre a tre domande chiave:
dove vogliamo andare, come ci arriviamo, come misuriamo se stiamo andando nella direzione giusta.
Senza queste risposte allineate, l’azienda si muove molto ma cresce poco, consumando energia senza costruire struttura. In questi casi si finisce spesso per affidarsi al caso o al famoso “fattore C”.

Il punto è che il fattore C non è solo fortuna. Premia costanza, allineamento e alleanze strategiche, ma soprattutto una motivazione personale forte. Perché quando arrivano gli imprevisti — persone che se ne vanno, regole che cambiano, investimenti che traballano — gli obiettivi non bastano. Serve una meta personale che tenga in piedi l’imprenditore. Il 2026 arriverà comunque: la differenza sta nel modo in cui ci si arriva.


CIEVOLVIAMO: Formazione gratuita e impatto reale sul territorio

In parallelo alla Business School si è svolto CIEVOLVIAMO, il format gratuito di Evo Imprese pensato per portare formazione concreta e accessibile alle aziende del territorio. Non un evento promozionale, ma una giornata costruita per lasciare strumenti, consapevolezza e azioni applicabili.

Dalle domande emerse — incertezza, personale, burocrazia, futuro, ruoli — è apparso chiaro un punto: molte aziende vivono in un caos che diventa normalità. L’imprenditore interviene, corre, compensa. Così diventa indispensabile, ma anche il primo limite alla crescita.

Uno dei temi più forti è stato quello dei ruoli, in particolare quello del titolare. Organigrammi e mansionari spesso esistono, almeno nella testa. Quello che manca è la chiarezza sul ruolo dell’imprenditore come leader, non come primo operatore. Quando questa distinzione non è chiara, l’azienda cresce in complessità ma non in solidità. CIEVOLVIAMO nasce per rompere questo schema, partendo dalla consapevolezza.


Il Gioco dei Fatturati: Quando i numeri raccontano trasformazioni reali

Il Gioco dei Fatturati non è una classifica fine a sé stessa: è la fotografia di aziende che stanno applicando metodo, scelte e formazione nel tempo. I numeri diventano interessanti quando raccontano un percorso, non un episodio isolato.

3° posto – DIR SPORT
Un passaggio generazionale costruito con intenzione. Il progetto “giovani leader” ha creato spazi reali per dimostrare risultati, centralizzato funzioni chiave come il marketing e affrontato resistenze interne. Non una transizione formale, ma un percorso basato su responsabilità, ruoli chiari e progettualità condivisa.

2° posto – BRANDI COSTRUZIONI MECCANICHE
Una crescita sostenuta non solo dai numeri, ma dalla capacità di reggere l’imprevisto. La struttura organizzativa ha fatto la differenza: non solo fare di più, ma reggere meglio. Il vero salto è stato gestionale e culturale, prima ancora che economico.

1° posto – RO.EN.
Con un +131,06%, Sofia e Davide raccontano un lavoro nato da un momento complesso. Affrontare un modello aziendale antiquato, rimettere ordine nella struttura e nel sistema. Il 2025 come anno di ripartenza, il 2026 come anno di progetti e contratti in chiusura. Un risultato che nasce da una scelta chiara: farsi supportare nel momento di crescita per renderla sostenibile, con l’intenzione di proseguire il percorso insieme a Evo Imprese.


Il leone nella gabbia dorata: quando il caos diventa abitudine

Il problema più grande di un imprenditore non è il caos, ma abituarsi al caos. Quando correre diventa normalità e risolvere urgenze sembra l’unico modo di lavorare, l’azienda funziona ma non evolve. La metafora del leone nella gabbia d’oro racconta perfettamente questa dinamica: protegge, ma addomestica.

Il punto di rottura arriva quando l’imprenditore smette di ragionare da leader e inizia a ragionare solo da tecnico. La gabbia diventa comoda, rassicurante. Ma limita la visione. Uscirne richiede fiducia, selezione delle persone giuste e coraggio di tornare a guardare lontano.

La Business School serve anche a questo: ricordare che dentro ogni imprenditore c’è qualcuno che non aveva paura, che non rimandava aspettando il momento giusto, ma lo creava. Ritrovare quel ruolo è una scelta strategica, non motivazionale.


Conclusione

La Business School Italia di dicembre ha mostrato una verità semplice:
selezioniamo con le emozioni, cresciamo con le decisioni e restiamo imprenditori solo se non ci abituiamo al caos. Capire come funziona la mente, costruire piani veri e ridefinire il proprio ruolo non è teoria: è il lavoro quotidiano di chi vuole crescere in modo solido e sostenibile.

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redazione

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